Durante il mio lavoro mi trovo a dover affrontare il tema del lutto e la sofferenza di chi ha subito una perdita
Durante alcune ricerche online su questo tema, mi è capitato di leggere un articolo sul sempre interessante e stimolante blog di Maria Popova “Brain Pickings”; un post in cui si parlava di un libro illustrato per bambini dal titolo
“The Heart and the Bottle” di Oliver Jeffers.
In questo piccolo gioiello, l’autore narra ed illustra la storia di una “bambina qualunque”, piena di curiosità e fantasia, alimentate e stimolate dai racconti del padre e dai libri che le legge.
Scopre le stelle e il mare e la gioia di giocare e la sicurezza di poter scoprire il mondo accompagnata dal padre.
Fino a che un giorno non accade qualcosa, torna a casa e la sedia è vuota, e non c’è nessuno ad illustrarle il mondo, nessuno a proteggerla dalle sue zone oscure.
Incapace di gestire il suo dolore fa l’unica cosa possibile per proteggersi, prende il suo cuore e lo mette al riparo infilandolo in una bottiglia.
Ma insieme al suo dolore, nasconde anche tutte le sue emozioni e il suo stupore nei confronti del mondo. Oramai incapace di meravigliarsi per le stelle, per la brezza del mare, per le novità della vita, i giorni passano via, tutti uguali.
Fino a che un giorno non incontra sulla spiaggia una bambina curiosa che le fa alcune domande e capisce che non sà più come rispondere.
Ma riesce a ricordare ciò che ha perso e tenta di recuperare il suo cuore, senza successo. Anni ed anni di protezione hanno inaridito e fortificato il vetro, oramai infrangibile.
A venirle incontro è la libertà della bambina incontrata, che riesce facilmente a stappare la bottiglia e a restituirle le emozioni che aveva nascosto.
E così finalmente
Dal mio punto di vista, quello di uno psicoterapeuta, l’interesse per questo piccolo libro è duplice, poiché ha la capacità di parlare sia al professionista che al paziente e si configura come un utile strumento che sarebbe possibile utilizzare durante il lavoro psicoterapeutico.
La stupefacente capacità di questo autore nel raccontare il rapporto tra una figlia e il genitore ed ancor più quella di mostrare con poche righe e alcune immagini il dolore che può infliggere una perdita significativa, il modo in cui riesce ad affrontare questioni fondamentali come quelle dell’amore, del rapporto genitore figlio e della morte in una maniera che è al tempo stesso straziante e bellissima, lo rendono un possibile strumento da utilizzare durante una seduta, quando si lavora sul lutto e sulla perdita.
Solitamente il paziente che viene in terapia non riesce a dare un senso alla propria sofferenza, e ancor di più nel caso del lutto, momento della vita che ci spinge ad utilizzare potenti meccanismi di difesa, estremamente difficili da abbattere, così come ci dimostra l’infrangibilità del vetro nel quale è stato messo il cuore.
Fermarsi a contemplare insieme al paziente le tavole della sedia vuota permettono di far riemergere all’istante a chi ha subito la morte di una persona significativa, il senso di perdita ed il dolore che accompagnano la scomparsa, ed iniziare a lavorare su questo aspetto.
Continuare a sfogliare il volume fino ai disegni che ci illustrano come la bambina decide di proteggersi isolando il suo cuore dal resto del mondo spiegano più di mille parole come agiscono i meccanismi di difesa ed il perché vengono utilizzati.
Essi ci aiutano a proteggerci dalla sofferenza del lutto e permettono alla persona che sta affrontando una grave perdita di ritirasi in se stessa e far si che le proprie emozioni vengano trattenute e nascoste al fine di non esser più ferita.
Ma la soluzione trovata, ben presto rivela i suoi limiti e i suoi effetti per così dire collaterali. L’incapacità di godere della vita, la perdita di ogni interesse e di ogni slancio vitale.
Il ritiro in se stessi è un passo utile in un primo momento per affrontare il dolore, ma a lungo termine, mano a mano che si va avanti e si cresce, diventa estremamente dannoso. Bloccare i propri sentimenti non è la soluzione, ed è lì che interviene la ragazzina sulla spiaggia che riesce a “sbloccare” il cuore e i sentimenti nascosti, facendoci capire come il ritiro in noi stessi ci allontana dal mondo, non ci permette di trovare quelle risposte utili ad andare avanti.
Ed è in fondo questo il ruolo dello psicoterapeuta, riuscire ad agire sul meccanismo di “blocco” , il meccanismo di difesa, e riportare al suo posto il cuore e la capacità di comprendere e vivere il mondo.
Sbloccare il cuore e riportarlo al suo posto vuol dire lavorare con i sentimenti e le emozioni, un passaggio fondamentale nella gestione e risoluzione del lutto.
E sento di dover ringraziare Oliver Jeffers per avermi ed averci regalato questo prezioso racconto.
Potete trovare l’articolo di Maria Popova su BrainPickings a questo link: